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Emis Killa racconta la gioia di essere padre

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Circa un mese fa, Emis Killa è diventato papà di Perla Blue. Un’esperienza bellissima che il rapper racconta sulle pagine di Vanity Fair.

In sala parto stavo per svenire, la dottoressa ha dovuto badare più a me che al resto. Perché mentre è nella pancia e sta arrivando, sì, sei un po’ teso, ma finché non esce mica capisci… La prendi in braccio e ti chiedi: “Che cos’è, l’ho fatta io?”. È vita, ma con la stessa forza della morte. Mi ero sempre chiesto dove andassimo a finire, ma mai bene da dove venissimo. La guardo e ha del miracolo, mi connette al Dio in cui non credo, al divino, all’universo. È tanto assurda quanto la fine ma è principio, e la proteggo. Da cosa? Dalle energie negative della gente. Che si concentra sulle stronzate: m’invidiano la Porsche a specchi, mica la salute… Il potere non te lo perdonano. Così, lo denigrano. Insultandoti. Come quando sui social donne orrende scrivono “sei un cesso” a Belén o uomini persi “sei un fallito” a Gianluca Vacchi. Se accendono una luce su di te, è cattiva. Io poi ci credo al malocchio. Il cuore ha un campo magnetico di circa due metri, e non è un segreto che il cervello emetta frequenze. Quando esco con lei, con Perla Blue, non voglio che me la guardino, per esempio. Giro il passeggino. Per la prima volta mi sento responsabile di qualcosa, e questo cambia tutto: non sto più al cellulare mentre guido, non attacco più briga in discoteca. Subito il pensiero mi va al fatto che non posso rincasare con un occhio nero, o nel peggiore dei casi rischiare di non farlo proprio, sbattuto in carcere o morto… Ci siamo promessi che non farò più cose che possano compromettere mia figlia. Questo non significa che metterò via la moto, o che con Tiffany non viaggeremo, che non andremo più a cena fuori, perché non vogliamo diventare come quelle famiglie brutte con il bambino antipatico, la mamma trascurata, il marito con le balle piene

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